lunedì 28 novembre 2011

Cronache dall'isola di Cat


“CRONACHE DALL’ISOLA DI CAT”
Data Vagin….ehm…astrale 29 novembre 2011 (almeno credo) secondo la datazione del calendario in cucina. Sempre che non sia ancora quello dell’anno scorso. Che e’ probabile.

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-Dimmi  almeno perche’! No, non mi sembra un argomento valido….Ma Carletto, perche’ mi tratti cosi’? Ricordati di quella volta, abbiamo tenuto il timone insieme e le stelle ci parlavano. Cosa dici? No! Non ero ubriaco, cazzo! Non mi sminuire brutto ramarro di merda! No dai scusa cucciolotto, non volevo. Lo sai che ci tengo…No non devi dire queste cose…no…Potremo costruire qualcosa di import…
-Capitan Finduz, capitan Finduz! E’ arrivato l’agente segr…Capitano: ma cosa, come mai si tiene una mano nelle mutande?
-Esci immediatamente da qui sottospecie di sofficino scaduto! Non ti hanno insegnato a bussare alla porta! Esci!!!! No no, Carletto, nulla…come? Sento male! Ah, che ci facevo con una mano nelle mutande? Ehm…no no…non pensare male,  ho perso l’euro per il carrello del supermercato e lo stav…Carletto….non ti sento…Carletto! Accidenti! Che palle! E tu li fuori vedi di entrare!
-Ehm…Mi scusi Capitano Finduz per l’inconveniene di prima.
-Ma non ti preoccupare carissimo, passami la radio.
-Eccola Capitano!
-Maggiore Domo! Sono Capitan Finduz, ho trovato la persona adatta per quel lavoretto. Come? L’ultimo si e’ buttato in mare? No, non si preoccupi e’ un valido soldato.  Ottimo, ne sara’ entusiasta. Glielo mando subito. Ah, Maggiore Domo, gia che c’e’ mi faccia arrivare due caffe’ lunghi. Bene, il Maggiore Domo ti aspetta per un lavoretto che ti terra’ impegnato per un po’.
-Signore…Che genere di lavoretto? Sono preoccupato, l’ultima volta mi ha fatto tritare 200 chili di farina. Cosa mi succedera’ questa volta?
-Ma no caro, questa volta sara’ una passeggiata.
-Meno male….
-Devi solo dare da mangiare al nostro ospite nei sotterranei.
-Cosa? No, no! La’ sotto non ci vado Capitano, no…
-Ma dove vai?
-Ahhhhhhhhhhhhh….
-Eccone un altro che si butta a mare appena gli dico di andare a dare da mangiare al nostro ospite. Ma che avra’ poi ti tanto brutto?
-Perche’ Capitano, ha mai visto  e sentito niente di piu’ raccapricciante?
-Agente Vena, finalmente….
-Chiuda la porta Capitano, abbiamo una lunga chiaccherata da fare. E tratti bene il suo ospite, sara’ fondamentale nella riuscita dell’operazione.

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Pulaski street 114
Brooklyn
State of New York
4 aprile 2007
Cara Mamma e caro Babbo,
abbiamo appena festeggiato la Pasqua. Ho cucinato un cosciotto d’agnello sublime. Eravamo io Francesca e Giorgio, il nostro amico italiano (che e’ sommelier!) di cui vi avevo accennato per telefono. Come contorno, delle patate rosse buonissime, spero di trovarle anche in Italia, quando tornero’.
L’agnello siamo andati a comprarlo, io e Giorgio, ad un supermercato vicino casa. Era la prima volta che ci entravo. Uno spettacolo! Sono enormi, mica l’Esselunga. Nota dolente, il prosciutto toscano costa in euro tipo 50 al chilo. Proprio non posso permettermelo! Al mio ritorno ne voglio trovare una tavola intera affettato a mano! Capito Babbo?
Meno male ho la compagnia di Giorgio, ancora con l’ingelse non ci capisco nulla, lui mi aiuta, mi insegna e traduce quando non capisco. E’ proprio una brava persona, spero di farvelo conoscere presto.
Mentre scrivo guardo fuori…sapete, qui a Brooklyn, dove viviamo, non sembra tanto diverso da li’. Addirittura, se avessi una macchina la percheggerei sotto casa tanto posto ce ne.
Col lavoro non va molto bene, ma non preoccupatevi: sono nella grande mela e la mia occasione arrivera’! Sai, mamma, pensavo a babbo, quando a 17 anni e’ venuto a vivere a Milano. Immagino come sia stata dura anche per lui, con pochi soldi, uno stipendio basso. E mi piace pensare, a quando ti ha incontrato e di colpo, tutte le sue difficolta’ e la nostalgia di casa e della sua famiglia, siano svanite in un attimo. Cosi’ succede a me, quando mi mancate tantissimo, quando penso ai miei amici, alla mia moto…guardo Francesca e mi passa tutto.
La mia sorellina che fa? Che combina?
Ora mi metto a fare un sonnellino, abbiamo anche bevuto un po’, proprio quel vino che mi sono spedito, lo stesso usato nell’ultimo Natale. Era strano non avervi con me, o meglio, essere li con voi.
E la mia gattina? Ogni volta mi viene una botta al cuore…mi sembra di averla abbandonata. Sapete, quando entro in casa, guardo subito in fondo al corridoio e mi aspetto di vederla correre verso di me. Ma non e’ certo possibile. E’ rimasta a Milano. Fategli tante carezze e ditele che non e’ il caso di continuare a stare davanti alla porta di casa ad aspettarmi. Tornero’.
Vi voglio bene,
Vostro Simone.

-Puccio….Puccio! Oh! Puccio!
-Eh, mamma mia, cosa c’e’?!
-Sono arrivati tutti. Vedo che ancora hai quelle lettere. Prima o poi mi spiegherai dove le hai trovate e a chi appartengono.
-Un giorno Gringo, un giorno lo faro’.
-Quando vuoi, lo sai. Sono solo preoccupato: ogni volta che ti trovo a leggerne una, hai gli occhi lucidi e ti rattristi.
-Che ti devo dire…e’ cosi’.
-Beviamo?
-Chiaro!

7
Alla Locanda dei Racconti Perduti, l’atmosfera era delle piu’ pessime. Il locale, situato sull’’unica collina dell’isola, era sempre circondato di neve per un mese all’anno. Come sempre, ad ogni nevicata, i proprietari, insieme agli avventori, erano soliti construire il Pupazzo di Neve. Una volta inserito l’ultimo pezzo, ovvero la carota come naso, Pupazzo prendeva vita. Era adorato da tutti, ballava, beveva, aveva sempre un sorriso per chiunque. Ma soprattutto, era ricco sfondato. Essergli amico significava bere bene per un mese. Per i miciopolli era uno da avere assolutamente in amicizia.
Fatto sta, che al primo sole, Pupazzo iniziava a sciogliersi. Ed ecco che Gringo e Puccio arrivarono in quel momento. Tutti piangevano, chi urlava “Pupazzo, Pupazzo ma perche’ ci hai lasciati?”, altri disperati sbraitavano “Cazzo Pupazzo, ancora c’e’ il conto da pagare!”. Il resto dei clienti, brindava tristemente all’amico scomparso.
-Ci risiamo, come tutti gli anni eccoli piangere Pupazzo che si e’ sciolto…mamma mia…ma come faranno…
-Eddai Gringo, ormai lo sai, sara’ sempre cosi’. E poi mi piace, lo trovo, come dire, poetico e sai com’e’...La vita…
-E’ un immensa poesia! Si , l’avrai detto mille volte.  Puccio, a volte sei veramente ripetitivo.
-Vuoi che ti ricordi dell’ultima volta , qui, alla locanda? L’ennesima bottiglia di Amarone, tu e quell’altro scemo di tuo cugino a cantare sempre le canzonacce della Pausini?
-Smettila!
-Signori Buonasera e bentornati!
-Ciao Olio, come stai? Sei solo, Stanlio dov’e’?
-Ciao Gringo, Stanlio e’ in cucina che sta cercando di fare una nuova ricetta.
-Immagino finira’ come l’altra volta…
-Anche peggio, da quando ha trovato quel libro di Ferran Adria’ sulla cucina molecolare, e’ un casino. Pensa, ieri voleva provare la sferificazione della salsa di soia. Sai che e’ successo?
-Avra’ fatto saltare in aria la cucina!
-Peggio. Vedete quelle strane cose a quel tavolo?
-Dio Bono, ma che sono, paiono dei palloni da football con le mani!
-Ci sei vicino caro Gringo, e’ il risultato della sferificazione. Grossi palloni da football Americano, per di piu’, vivi.
-Ma che fanno?
-Stanno creando un piano per farvi fuori.
-Cosa?
-Si, vogliono i miciopolli.
-E che cazzo ci dovrebbero fare?
-Straccetti di miciopolli in salsa di soia.
-Gesu’. Qua e’ sempre peggio.
-Ragazzi, gli altri vi aspettano di la’ da un po’, andate e state tranquilli. Puccio, solita bottiglia di Amarone?
-Certo Olio! Grazie.
-Ah, Puccio. Un ultima cosa: se senti quel tuo amico…si…quello che fa lo chef….
-Il Salvetti!
-Ecco bravo, gli dici che ho bisogno di una mano?
-Ma certo, lo faro’ di sicuro.
-Ok, andate ora, ci vediamo piu’ tardi.
-Olio, cazzo, quei palloni da Football Americano di soia si stanno avvicinando in maniera minacciosa.
-Tranquillo, ho il rimedio, andate!
Olio prese un fischietto e soffio’ fortissimo. Poi esclamo’: “12, 23, 56. Vai, lancia!” Prese un vero pallone e lo lancio’ fuori dalla locanda. Tutti i Palloni di Soia si precipitarono all’inseguimento. Si lanciarono uno sopra l’altro nella ricerca di prendere il vero ovale. Lo schianto fu talmente forte che le finte sfere si ruppero. Una  pozzanghera nera di salsa di soia sostava all’ingresso. Tutti ordinarono gamberetti fritti da intingere nella pozzanghera. Anche  quest’anno la tristezza per l’addio di Pupazzo di Neve, se ne ando’.

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