venerdì 23 dicembre 2011

CRONACHE DALL'ISOLA DI CAT


“CRONACHE DALL’ISOLA DI CAT”
Data 23 dicembre.  Salsa? Mah…che dire…tutte le mattine di sicuro, sa’, l’alzabandiera…Le chiedevo se voleva una salsa nel panino, che so’ maionese, tartare….

BEEP….BEEP…BEEP…BEEP…BEEP…BEEP…

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Alla Locanda dei Racconti Perduti, Sergio Caputo aveva appena terminato uno dei suoi imperdibili show con la bellissima “Mercy Bochu’”. Standing ovation di dodici minuti e incassi alle stelle.
Ma non era finita. Alle 20.45 sarebbe andata in scena la partita piu’ attessa dell’anno: Isola di Cat vs. Isola dei Mat. Ovviamente tutti i Miciopolli non l’avrebbero persa per niente al mondo.
Alla Locanda non c’era un posto libero e anche in piedi si incominciava a stare stretti. Fiumi di birra, vino, Cat Tonic annaffiavano gli animi dei tifosi.
-Allora, Puccio, e’ un po’ come essere al tuo paese vero?
-Beh si, che dirti, pare proprio uguale. Sono curioso pero’, di vedere se giocate a pallone meglio di noi.
-Vedrai, stasera c’e’ l’esordio del piu’ grande centravanti della storia della nostra squadra, Pandorigno!
-Eh? Ma che stai dicendo, Gringo, la devi piantare di mischiare, cazzo! E la birra, e il vino e il negroni, poi la birra…
-Marco se ne’ andato e non ritorna piu’…
-No! Lo vedi, di nuovo! Stai cantando la Pausini!
-Cazzo…ma non me ne rendo conto. Ma come si fa…
-Vacci piano col bere.
-Devo trovare le Miciopolle, Puccio.
-No, buono, non mi stressare di nuovo con sta storia, e’ da tre giorni che non la smetti. Piuttosto, parlami di Pandorigno, sono proprio curioso…
-Si, manca ancora venti minuti all’inizio, stappa una boccia e ascoltra questa storia.
LA STORIA DI PANDORIGNO, ovvero, come da un pizzico di lievito e farina si ricava un attaccante coi controcazzi.
Nelle Fave Elas, un posto particolarmente pieno di teste di cazzo, San Tino, il santo protettore delle immaginette sacre e dei filtri da joint si sveglio’ da un sonno particolarmente turbato. Apri’ il frigorifero e l’unica cosa che aveva davanti hai suo occhi era lievito. Preso da una trance degna del miglior Ramsey, si ricordo’ di avere farina, zucchero e due uova.
Impasto’ il tutto e non successe nulla. A quel punto, rollandosi un bombardone di 25 centimetri, penso’ che non sarebbe successo niente. Ma il bombardone fece il suo effetto. Svegliatosi dopo tre giorni, trovo’ l’impasto quadruplicato. L’unico recipiente che aveva era un secchio di ferro. Lo butto’ li e usci’  a fare un giro.
Rientrato si rese conto che l’impasto era arrivato a riempire quasi tutto il secchio. Non ci penso’ un attimo e mise tutto in forno. Altro bombardone. Ma questa volta piccolo. Passarono tre ore e si sveglio’ con un profumo di dolce incredibile. Tiro’ fuori il secchio e lo capovolse.
La fame chimica era devastante e, San Tino, aveva davanti a se un fantastico dolce a forma di secchio. Prese un coltello e parti’ ad affettare l’invitante chicchino.
-Fermati, che fai!
-Eh?
-Ma sei di fori?
-Ma te sei scemo! Ma che fai parli?
-Si, se non te ne fossi ancora accorto.
-No io devo piantarla con tutti quei bombardoni. Si si…
-No fidati va tutto bene, e’ che non hai usato lievito, il lievito l’hai fumato, mi hai impastato con l’hascis che ti sei comprato ieri. E in cottura, con zucchero, uova e farina succede quello che hai davanti.
-Oddio. Tu sei una mia creatura. Sarai come un figlio per me.
-Si ma ora fai su un bel joint che non ci sto dentro.
Passarono i primi anni, San Tino battezzo’ suo figlio con il nome di Pandorino, in ricordo di un dolce natalizio padano. Il bambino, a cui erano nel frattempo spuntati mani e piedi, non faceva altro che giocare a pallone. Ormai nelle Fave Elas tutti parlavano di lui. Era incredibile come riuscisse a fare numeri degni del migliore Maradona. San Tino, iscrissee Pandorino alla squadra di calcio locale e in breve tempo divenne l’idolo del quartiere. La gente incomincio’ a chiamarlo Il Brasiliano per via dei suoi numeri funambolici e, in breve tempo, divenne “Pandorigno”.
Dopo pochi anni, ando’a giocare per squadre molto blasonate ma non perdeva mai occasione di tornare nel suo quartiere dove ormai, era diventato uno dei migliori giocatori sul mercato. Anche in giro per il mondo, ottenne incredibili successi.
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-Beh, Puccio, ti garba come storia? Abbiamo o no il piu’ grande centravanti della storia del calcio?
-Mah, si, direi di si. Vedremo.
-Non ti ha raccontato tutto.
-Ciao Arturo.
-Signor Bandini….
-Ciao ragazzi. Come ti dicevo, ha omesso un particolare. E’ davvero un grandissimo giocatore, ma appena un avversario tira fuori un vasetto di mascarpone, zucchero, uova ed uno sbattitore elettrico, si impaurisce e non segna piu’.
-Smettila Bandini, vedrai che superera’ questa cosa.
-E poi, Puccio, non ti ha raccontato del periodo natalizio, quanto Pandorigno piange tutti i suoi fratelli venduti nei supermercati.
-Arturo Bandini! Smettila e per farti perdonare, vai a prendere una boccia di vino.
-E, sono, strani amori che vanno e vengono nei pensieri che li nascondono…
-Puccio, ma perche’ canta la Pausini?
-Lascia perdere. Piuttosto, l’avete nascosto bene?
-Meglio di cosi’…
-Che vuoi dire Bandini?
-Tranquillo Gringo, e’ tutto sotto controllo. E’ qua tra noi e non lo troveranno mai.
-Ma sei fuori di cervello?
-L’abbiamo travestito, non lo riconoscera’ nessuno.
-Non sara’ mica quello vestito da Gollum?
-Esatto.
-La veggo buia.
-Gringo, ma dov’e’ Alice, volevo ordinare.
-Gia’, Puccio, oggi e’ giorno di coniglio alla ligure e Stanlio e Olio la lasciano a casa senno’ piange per tutta la serata. Ma ora basta, inizia il match.
-Hey ma che cazzo succede? Stanlio ma lo vuoi pagare l’abbonamento a sky e la smetti di fare l’abusivo?
Al calcio d’inizio lo schermo si oscuro’, l’immagine attuale era quella di un comandante con una divisa nera seduto ad una scrivania.
-Signori e signori dell’Isola di Cat, sono il Capitan Finduz. Come avrete saputo dai vostri ridicoli tonni…ah grazie per il sushi Maggiore Domo, sono squisiti i vostri tonni vedetta sapete? Dicevo, sapete ormai della mia potentissima portaerei ancorata poco al largo dalla vostra isola. Avete 36 ore di tempo per darci cio’ che cerchiamo “La sacra bottiglia dell’ispirazione letteraria”. In caso contrario, non solo invaderemo le vostre case, ma non rivedrete piu’ neanche la vostra amica Alice.
-Eh Eh Ciao amici, dov’e’ il coniglio? Giochiamo a carte? Eh eh…si si …
-A presto per nuove istruzioni. Come sono venuto Maggiore? Eh? Sto ben con questa nuova tinta non trovi? Chissa’ se il mio Carletto mi avra’ visto…
-Signore, la telecamera e’ ancora accesa.
-Occazz….

BEEP….BEEP…..BEEP…..BEEP….BEEP…BEEP…
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Pulaski street 114
Brooklyn
State of New York
3 giugno 2007
Cara Mamma e caro Babbo,
grazie per i soldi che mi avete mandato tramite Francesca. Avreti tanto voluto pure io fare un salto in Italia, ma sarebbe costato troppo, e ora che, finalmete qualche soldo riesco a metterlo via, non me la sono sentita di prendere l’aereo.
So’ che avete messo la mia sciarpa sul letto e Viola si e’ subito accoccolata sopra. Mi manca! Se mai dovessi rimanere qua a vivere (dai Mamma non ti agitare!), la porto con me. Dite che deve fare un corso di inglese secondo voi? Miagolera’ in americano? Dai state tranquilli, il biglietto di ritorno ancora non l’ho cambiato e fra pochi mesi sono di nuovo a casa.
Vi rendete conto? Non era poi tanto tempo fa quando babbo mi faceva la pista per le biglie in spiaggia e lo costringevo a giocare tutta la mattina. Oppure, quando passeggiavamo e io stavo sempre in mezzo a voi, mano destra alla mamma, mano sinistra a babbo. E’ un periodo in cui ho continuamente ricordi di quando ero piccolo. Certo pero’, te babbo avevi un bel po’ di capelli in piu’, ma mamma, sembra che non invecchi mai! O forse e’ solo il bene che vi voglio a far si che io vi veda sempre gli stessi di quando giocavate con me per ore. Io credo, sapete, che se si cresce smettendo di giocare, si vive male. 
Intanto il lavoro va bene e io parlo un po’ meglio la lingua. Non mi perdo piu’ con le metropolitane e ,addirittura, a volte qualc’uno mi chiede un indicazione e riesco a dargliela.
Vi saluto, pensando a che sogno incredibile sarebbe avervi qua per un po’ di giorni.
Un bacio alla sorellina e grattini a Viola.
Con affetto,
Simone
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Appena entrata nel pub, fu come se per un attimo, un lentissimo secondo, tutto si fosse fermato. Bella era bella, e succedeva spesso , entrando in un posto, che tutti gli uomini presenti trattenessero il respiro per qualche secondo, guardandola. Ma questa volta era diverso. Il tempo si era fermato per un preciso motivo: dietro il banco del bar, con camicia Bianca e cravatta nera c’era il ragazzo del sogno.
Lui se ne accorse appena aperta la porta: mentre shecherava un daiquiri, la vide entrare e lo scheker fini inevitabilmente per terra. Jack si mise a ridere, ma appena guardo’ nella stessa direzione dell’amico, si blocco’ e rimase a bocca aperta.
-Red, cazzo, ma e’ lei e’ come l’hai descritta!
Red non riusciva a rispondere, la musica, le voci delle persone, i clienti al banco che, insistentemente ordinavano, erano come spariti.
Lei si avicinava e lui non le toglieva gli occhi di dosso.
Lo guardava mentre camminava piano in mezzo alla gente e non riusciva a distoglierne lo sguardo.
-Oh Scemo, fammi un Cat Tonic, muoviti!
-Eh…
-Dai Red, ma che hai visto la Madonna?
Rex presento’ Rachele e Red. Non parlavano, leggevano nei loro occhi tutte le parole che avrebbero potuto dirsi. E sarebbe  stato davvero inutile parlare.
-Appena avete finito di flirtera, mi fai un cazzo di cocktail?
-Ma Rex, come fai a conoscerlo?
Red gli rispose, con voce tremante dall’emozione, che il suo peluche era un cliente abituale e anche particolarmente conosciuto da tutti.
-Red, ho bisogno del tuo aiuto, anzi di Coccolino e alla svelta.
-Ma che sei scemo Rex! Del mio peluche?
-Cosa credi, che non parli? Che sia solo un pupazzo? Eh? Ufff….dobbiamo andare a casa tua subito, prelevare Coccolino, lui e’ l’unico che sa’ come arrivare sull’Isola di Cat. E tu Red, sei il solo che vive nelle favole.
-No Rex, io non vivo nelle favole, sono le favole che vivono dentro di me. Mi metto il giubbotto e andiamo.
I tre si incamminarono. Rex stava danti a loro scodinzolando. Rachele prese la mano di Red che si tupi’ non poco della cosa. Lei, come solo dolci sanno essere le donne, gli sussuro’, guardandolo negl’occhi  di non avere paura e lui si perso in un vasetto di miele.
Arrivati davanti a casa, Rex sali’a prendere Coccolino.
Rimasero soli. Si avvicinarono. Lei aveva dietro di se’ un limpidissimo cielo notturno e le chiese: “Sei tu?” e lei rispose “Si, sono io!”. Red sorrise e si butto’ in quel bacio come se stesse per raggiungere la luna dietro di lei.
-Oddio Rachele, non so’ che dire, che pensare…
-Non pensare a niente, ascolta il tuo cuore che il cervello incasina le cose.
Rex e Coccolino arrivarono con grande affanno.
-Non c’e’ tempo da perdere, dobbiamo muoverci, Red hai una macchina?
-Si e’ quella li.
-Jeasus! Ma come pensi di fare in fretta con quel catorcio?
-Fanculo Rex, se vuoi prendiamo la Ducati Rossa.
-E sia. Rachele terra’ me e Coccolino detro la giacca.
-Wow! Rex, e tu mi dici che quella sgnaccherona mi terra’ davvero dentro la giacca con lei per tutto il viaggio?
-Smettila sei sempre il solito, come quando mi racconti le performance di Red.Sei un depravato.
-Cosa hai detto?
-Non niente Red. Prendi la moto e muoviamoci, stanno per attaccare l’Isola di Cat e hanno sequestrato Alice.
-Red ho paura, non sono mai stata su una moto.
-Non preoccuparti Rachele, ti fidi di me?
-Da sempre.
Alle ora 03.30 di un inutile lunedi’ di dicembre, in un piccolo paese della periferia di Milano, una moto rossa sfrecciava a velocita’ impossibili squarciando il silenzio della notte con il suo inconfondibile motore. Il passeggero si stingeva al pilota come ad abbracciarlo. Sotto la giacca da motociclista del coopilota, due peluche cercavano di indovinare di che colore fosse il reggiseno della ragazza. 

Beep...Beep....Beep....Beep...Beep....

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